I convertitori DC-DC a commutazione rappresentano una soluzione versatile, potente e dalle mille applicazioni. Sono in grado di ottimizzare tutte quelle applicazioni DC che necessitano di una tensione regolata e mantenuta costante, come negli alimentatori stabilizzati e gli azionamenti elettrici.
In questa seconda parte vengono analizzate delle altre configurazioni di convertitori
DC-DC a commutazione e si valutano alcune implicazioni.
Convertitore abbassatore-elevatore buck-boost
La principale applicazione di un convertitore abbassatore-elevatore buck-boost, riguarda gli alimentatori stabilizzati in corrente continua, nei quali può essere richiesta una tensione di uscita negativa rispetto al morsetto comune della tensione di alimentazione, che a sua volta può essere più alta o più bassa rispetto a quella di ingresso in funzione del duty-cycle.
Questa tipologia di circuito può essere ottenuta dalla connessione in cascata di un convertitore abbassatore ed uno elevatore.
Quando l’interruttore è chiuso, l’ingresso fornisce energia all’induttore e il diodo è polarizzato inversamente. Invece quando l’interruttore è aperto, il circuito di ingresso e di uscita sono disaccoppiati (in quanto non viene traferita nessuna energia dall’ingresso) e l’energia immagazzinata nell’induttore viene traferita all’uscita.
Per la simulazione è stata impostata una frequenza di modulazione di 10KHz, un periodo di modulazione TPWM=100μs ed un duty-cycle del 40%, quindi D = 0.4.
Da questo plot si nota subito che la tensione sul carico assume soltanto dei valori negativi, in quanto si sta utilizzando un circuito buck-boost invertente.
La relazione che intercorre tra la tensione di ingresso e di uscita per quanto riguarda questo circuito è espressa da:
Da questi plot è invece possibile notare come la corrente sull’induttore aumenti fino a quando la tensione presente ai suoi capi resta positiva, mentre diminuisce quando la tensione si abbassa.
Cambio parametri: aumento del valore della resistenza di carico e modalità di conduzione discontinua
Aumentando il valore della resistenza di carico a 100Ω, si nota che il circuito lavora in modalità discontinua e dal carico è richiesta una quantità minore di energia. Infatti rispetto al caso precedente, è possibile notare la corrente sull’induttore raggiungere il valore di zero durante il periodo di commutazione, perché l’energia sul carico viene traferita in un tempo minore rispetto all’intero tempo di commutazione.
Anche in questo convertitore può essere previsto un metodo di funzionamento a rettificazione asincrona, sostituendo il diodo con un altro mosfet pilotato in opposizione di fase rispetto al primo.
convertitore dc-dc a ponte
Il circuito analizzato in questo paragrafo è un convertitore DC-DC a ponte detto full-bridge. Si tratta di una tipologia di convertitore capace di funzionare in tutti i quattro quadranti del piano Io-Vo, in quanto la tensione e la corrente di uscita dipendono esclusivamente dallo stato degli interruttori e la potenza può fluire attraverso il convertitore nei due sensi.
In questo ponte ad H è possibile distinguere due rami, ognuno dei quali con un diodo connesso in antiparallelo ad un interruttore. In questo circuito, i diodi son integrati nei n-mosfet utilizzati.
Il nome di ponte ad H deriva dal fatto che gli interruttori dei due rami del circuito connessi attraverso il carico, sono comandati in modo tale che non siano mai aperti simultaneamente, in quanto causerebbero un corto circuito.
Il condensatore C1, ha lo scopo di far fronte alle rapide variazioni della corrente, che dipende anch’essa dallo stato di commutazione degli interruttori, fornendo al carico ohmico-induttivo una componente reattiva quando serve, avendo in questo modo un ripple minore.
Controllo PWM bipolare
In questa modalità di commutazione della tensione, gli interruttori vengono trattati come due coppie di interruttori, i quali in ogni coppia vengono aperti e chiusi contemporaneamente. Una delle coppie è sempre chiusa.
I segnali di commutazione sono generati confrontando un’onda triangolare alla frequenza di commutazione (Vtri) con una tensione di controllo.
Quando la tensione di controllo è maggiore dell’onda triangolare, allora gli interruttori della prima coppia sono chiusi. In caso contrario, ad essere chiusi saranno gli interruttori della seconda coppia.
Per quanto riguarda la generazione dell’onda triangolare (tri), è stato impostato lo stesso tempo di salita e di discesa, pari a 250𝜇𝑠.
Quindi per questa modalità di controllo si ha bisogno soltanto di un segnale logico, perché negli altri 3 mosfet si calcola automaticamente. La frequenza di modulazione è pari a 2KHz e ne consegue che il periodo di commutazione è pari a:
Il rapporto dell’ampiezza della sinusoide e della triangolare è uguale a 0.7.
Il segnale di controllo (sine) consiste in un’onda sinusoidale a frequenza di 50Hz e la sua ampiezza coincide con l’indice di modulazione.
Dal primo plot si denota che quando l’onda sinusoidale è più alta, il segnale di comando è alto.
Dal plot della corrente e tensione sul carico è possibile notare come la tensione oscilli nel range ±100V ed escludendo i transitori di fase durante i quali gli interruttori potrebbero risultare contemporaneamente aperti o chiusi, non va mai a 0V, in quanto appunto gli interruttori saranno sempre aperti o chiusi. Si nota inoltre un ripple elevato.
Una caratteristica della modulazione PWM bipolare è la presenza di bande laterali rispetto all’armonica.
Controllo PWM unipolare
In questo secondo caso, si esegue un controllo di tipo PWM unipolare. A differenza del caso precedente, servono due segnali di comando, in quanto i due rami si controllano uno indipendentemente dall’altro e si può verificare quindi che in alcuni momenti i due segnali si sovrappongano.
Quindi l’onda triangolare generata viene confrontata sia con una tensione di controllo vcontrollo ed anche con – vcontrollo. Per questo motivo nel circuito di controllo sono stati inseriti due generatori di tensione, che generano un segnale sinusoidale, il cui secondo sfasato di 180° rispetto al primo.
Il confronto con vcontrollo comanda gli interruttori del primo ramo, mentre gli interruttori del secondo ramo vengono controllati dal confronto con -vcontrollo.
In questa modalità di controllo, due interruttori possono essere sia aperti che chiusi contemporaneamente.
Sul carico si vede come in alcuni intervalli di tempo la tensione assuma il valore di zero, fenomeno che si verifica quando i due segnali di comando si sovrappongono.
Questa configurazione produce un ripple più elevato che rende più difficile il filtraggio dell’uscita, rispetto al caso precedente nel quale il ripple di partenza risulta essere già più basso.
Confronto tra i vari convertitori: quale scegliere
Fino ad adesso sono stati presi in considerazione soltanto alcune configurazioni di convertitori DC-DC a commutazione non isolati. Partendo da questi, non si può fare un vero e proprio confronto, in quanto ognuno ha delle caratteristiche di funzionamento intrinseche che li rendono più o meno adatti a determinati scopi.
Naturalmente se si necessita di un convertitore che semplicemente fornisca in uscita una tensione più alta rispetto a quella di ingresso non si può che optare per un convertitore boost, mentre se si sta realizzando un sistema di frenatura con recupero di energia si dovrà prevedere l’utilizzo di un convertitore capace di fornire un flusso bidirezionale di potenza, nel quale sia la tensione che la corrente di uscita possono cambiare di segno in modo indipendente l’uno dall’altro, optando per un convertitore o a ponte o full-bridge.
Comunque sia, in base al campo di applicazione in cui deve essere impiegato un convertitore DC-DC a commutazione, si deve prestare più o meno attenzione a determinati parametri che sono alla base del funzionamento di ogni singolo convertitore.
Infatti per quanto sia vero che per molte applicazioni possa andare bene l’utilizzo della stessa configurazione di convertitore, in alcuni casi particolari è indispensabile assicurarsi che ogni variabile sia stata presa in considerazione.
Questo perché, anche come si è potuto vedere in alcune simulazioni, il comportamento del convertitore può subire delle variazioni più o meno significative che potrebbero portare direttamente o indirettamente a dei guasti o a dei comportamenti non ideali.
Efficienza e Prevenzione
Quando si progetta un determinato convertitore, l’obbiettivo è quello di ottenere un convertitore che funzioni bene in qualunque circostanza, ma nella realtà dei fatti, ogni caso specifico necessita di uno studio accurato per determinare la migliore configurazione per quel caso, dovendo fare a volte dei compromessi.
Isolamento
Molto spesso non si può fare a meno di progettare un convertitore isolato. Il grado di misura dell’isolamento viene dato dal cosiddetto livello di isolamento, che a sua volta determina la tensione di isolamento. Questo indica la tensione che un determinato convertitore (in questo caso DC/DC) riesce a sopportare nell’arco di un periodo di tempo prefissato.
Per realizzare un isolamento efficace occorre prendere in considerazione diversi parametri, tra i quali la distanza in aria (“clearance”) e le distanze superficiali intorno al trasformatore (“creepage”).
I danni causati dalla totale mancanza di isolamento o da una soluzione non abbastanza efficace, non saranno immediatamente riscontrabili ma ci vorrà del tempo affinché il danno sia abbastanza marcato da rendere il sistema inutilizzabile.
Circuito stampato
Soprattutto nei convertitori DC-DC a commutazione è di primaria importanza che i segnali di commutazione vengano elaborati in un determinato range di tempo prestabilito.
Per questo motivo quando si progetta il circuito stampato del convertitore, bisogna prestare particolare attenzione a seguire determinate “regole” che permettono di ridurre al minimo le capacità parassite. Gli effetti di capacità parassite possono generare delle rilevanti perdite di switching, riducendo l’efficienza del convertitore.
Analisi delle prestazioni
Oltre che a fare le migliori scelte finalizzate all’ottimizzazione del convertitore, per assicurarsi che esso possa funzionare bene nel tempo, si può optare per l’aggiunta di alcuni componenti logici programmabili che permettano di analizzare le prestazioni e lo stato di salute dei componenti. In questo modo oltre che ad allungare la vita dei convertitori, ci si può assicurare un maggiore controllo ed una migliore gestione dei guasti.
Conclusione
Tra i vantaggi principali dei convertitori DC-DC a commutazione si ha una maggiore efficienza di conversione di potenza rispetto ad altre tipologie. Poiché la frequenza di commutazione è maggiore i componenti passivi sono più piccoli e le perdite inferiori, comprese quelle termiche.
Nonostante l’alta versatilità di questi dispositivi, è importante che ogni componente venga opportunatamente dimensionato dopo uno studio accurato ed approfondito del progetto.