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IL TRANSISTOR E LE SUE APPLICAZIONI – Parte 3: funzionamento digitale

di Vincenzo Sorce

Con questo articolo vedremo come sia fondamentale l’utilizzo del transistor, per realizzare qualsiasi tipo di circuito digitale. Fermo restando che nelle applicazioni pratiche si utilizzano i circuiti integrati, tuttavia l’uso dei singoli transistor risulta necessario nell’interfacciamento tra circuiti o per trasformare le uscite logiche in circuiti di potenza. Vedremo inoltre il loro uso per pilotare i relè.

Tutto quello di cui si è discusso nella prima e seconda parte c’entra poco o nulla rispetto a quanto diremo adesso. Precedentemente abbiamo parlato di punto di riposo e di zona attiva del transistor. Abbiamo visto che la tensione ai capi del transistor è sensibilmente alta dato che il segnale da amplificare deve interessare sia la parte destra che la parte sinistra del punto di riposo. La prima differenza fondamentale tra il suo utilizzo analogico e quello digitale è che la sua tensione ai capi del collettore ed emettitore deve essere quasi nulla. Ciò ha come conseguenza immediata che la potenza dissipata dovrà essere bassa, non ponendosi, così, io problema della dissipazione termica. E’ fondamentale, per la nostra trattazione, che il componente si comporti come un interruttore.

A tale scopo osserviamo la figura 1.

funzionamento da interruttore
Figura 1: funzionamento da interruttore

Supponiamo di voler alimentare la resistenza R prima con un interruttore comune e poi con un interruttore digitale quale può essere, per esempio, l’uscita di un microcontrollore che dà il comando logico 0/1 con una tensione da 0 a un certo valore, in volt.
Prima di tutto dobbiamo scegliere il transistor. Come si è potuto constatare, si sono fatti esempi sempre col transistore NPN connesso ad emettitore comune. Infatti, i transistors PNP non si producono più perché la loro realizzazione è costosa e le caratteristiche tecniche son inferiori rispetto a quelli con giunzione NPN. Riprendendo la nostra trattazione possiamo senz’altro affermare che per le applicazioni comuni, non richiedenti tensioni correnti e frequenze particolarmente elevate, è molto impiegato il transistor BC547C. E’ bene sottolineare che le caratteristiche di cui alla figura 1 sono puramente indicative e non corrispondono alle caratteristiche del transistor citato.

La grandezza fondamentale da prendere in esame è la corrente che deve attraversare la resistenza di carico R, che nel nostro caso è 10mA. Se noi tracciamo, sul piano delle caratteristiche di uscita del transistor, una retta partendo dai 10mA dell’asse delle ordinate, e procedendo parallelamente all’asse delle ascisse, intersecheremo tutte le curve rappresentate per diversi valori di Ib. E’ subito evidente che più elevato sarà il valore di Ib scelto e più bassa sarà la tensione ai capi del transistor. Dalla citata figura si riscontra subito che se scegliamo una Ib=0,1mA, alla quale corrisponde:

hfe=Ic/Ib=10mA/0,1mA=100

Si ha una tensione ai capi del transistore vicino all’unità.
Se invece scegliamo una Ib=0,5mA si avrà una tensione ai capi del transistore prossimo allo zero e un hfe:

hfe=Ic/Ib=10mA/0,5mA=20

A questo punto dobbiamo soffermarci su alcune importanti considerazioni:

  1. Più basso è l’hfe da noi imposto, più bassa sarà la tensione ai capi del transistor;
  2. Normalmente i transistor hanno un hfe non inferiore a 100 (sono esclusi quelli di potenza) e che questo è il valore massimo che si sceglie per utilizzare il transistor come componente digitale;
  3. La tensione ai capi del transistor in commutazione in generale è pari a 0,2 V;
  4. La tensione ai capi della resistenza è opposta a quella applicata al circuito d’ingresso

CIRCUITI LOGICI CON I TRANSISTORS

NOT

Circuito logico porta NOT
Figura 2: Porta NOT

Se la tensione d’ingresso Vb è al livello logico 0, il transistor non conduce, perciò è un circuito aperto. Se ne deduce che la tensione VR si trova al livello logico 1, cioè a +12V. Se, invece, la Vb è al livello logico 1, poniamo a +5V, se la resistenza Rb ha il valore congruo, si avrà la conduzione come interruttore del transistore e, di conseguenza, la VR sarà 0,2 V corrispondente allo 0 logico.

Facciamo un po’ di conti: se R=1k quanto dovrà essere RB se Vb=5V ? La corrente che deve circolare sulla resistenza sarà:

Ic=(+12V-0,2V)/1000=11,8mA

Se imponiamo:
hfe=Ic/Ib=50 si avrà:

Ib=Ic/50=11,8mA/50=0,24mA

trascurando la caduta di tensione tra base ed emettitore potremo scrivere:

Rb=Vb/Ib=+5V/0,24mA=20K

Ovviamente sceglieremo il valore commerciale 18K.

NAND

Circuito logico porta NAND
Figura 3: porta NAND

Se Vb1=0 e Vb2=0 i due transistors sono interdetti e la VR=1

Se uno dei due ingressi è 0 il corrispondente transistor è aperto e la VR=1. Se entrambi i due ingressi sono a livello logico 1 entrambi i transistori sono in conduzione e la VR è 0. Bisogna però notare che in tal caso si sommano le tensioni di collettore dei due transistors in conduzione e il livello 0 teorico in questo caso sarà 0,4V effettivo. Da ciò si evince che aumentando il numero dei transistors si potrebbero avere dei problemi.

NOR

Circuito logico porta NOR
Figura 4: Porta NOR

Quando le tre tensioni d’ingresso sono allo stato logico 0 si ha VR=1, mentre quando una delle tre è pari al livello logico 1 porta il transistor in conduzione e l’uscita sarà VR=0. I tre diodi sono necessari per evitare che ci sia una reciproca influenza fra i circuiti d’ingresso.

AND

Circuito logico porta NAND
Figura 5: Porta AND

In figura è mostrato come negare il NAND che abbiamo trattato. Nello stesso modo si può procedere con gli altri circuiti logici negati.

I TRANSISTORS NELL’INTERFACCIAMENTO CON I RELE’

Una delle applicazioni più interessanti del transistor è quella che lo vede come interfaccia tra una uscita logica e una uscita di potenza. Come vedremo più in là le uscite dei circuiti logici integrati sono in grado di pilotare delle piccole potenze, come per esempio i led, ma non sono in grado di pilotare circuiti che presentano un carico elevato. Come abbiamo già visto, nell’utilizzo del transistor nel funzionamento da interruttore è necessario che si abbia un Hfe=Ic/Ib>=100.
Supponiamo di dover pilotare (cioè accendere o spegnere) una stufa di 1000Watt in c.a. (corrente alternata a 230V.
Per risolvere tale problema abbiamo la necessità di utilizzare, per esempio, un relè che abbia le seguenti caratteristiche:

  • Contatti di uscita 230V – 10 A;
  • Bobina di alimentazione 12V c.c. (corrente continua) – 50 mA.

Se l’integrato logico ha una uscita con tensione 5V e corrente massima 5mA ci accorgiamo subito che è sufficiente un solo transistor, per esempio il BC547C che abbiamo già trattato, per ottenere che lo stesso funzioni come un interruttore.
Naturalmente dobbiamo calcolarci il valore della resistenza di base. Come già visto la formula è la seguente:

RB=5V/5mA=1 kOhm

E’ bene sottolineare che l’utilizzo del diodo in parallelo alla bobina del relè è di fondamentale importanza. Infatti all’apertura del transistor (transistor interdetto, cioè che non conduce), alla tensione della batteria si aggiunge la tensione ai capi della bobina di alimentazione del relè, che può portare alla distruzione del transistor.

Connessione Darlinghton

E’ interessante considerare la connessione Darlinghton fra due transistors. Questo tipo di connessione è riportata in Figura 6:

connessione Darlinghton tra due transistors
Figura 6: connessione Darlington

Il risultato di questa connessione è il seguente:

hfe1=Ic1/Ib1 da cui Ib1=Ic1/hfe1
hfe2=Ic2/Ib2 da cui Ic2=hfe2 x Ib2=hfe2 x Ic1

e considerando hfe complessivo:

hfe=Ic2/ib1=hfe2 x Ic1/Ic1/hfe1=hfe2 x hf1

Se, così come visto, se hfe1 e hf2 sono entrambi pari a 100, l’hfe complessivo sarà 10.000. Ciò vuol dire che per pilotare il relè dell’esempio di cui sopra basterà una corrente:

Ib1=50mA/10000=5uA

I CIRCUITI INTEGRATI LOGICI

Ovviamente la trattazione sin qui illustrata ha uno scopo essenzialmente didattico. In realtà raramente si utilizzano circuiti logici con componenti discreti, dato che esistono circuiti integrati che mettono a disposizione del progettista una miriade di porte And, Nand, Or,Nor, Not e così via.
Come se ciò non bastasse con l’avvento dei microcontrollori è possibile realizzare complesse funzioni logiche.
Non bisogna, però dimenticare che i principi su cui si basano sono quelli visti sopra.

Gli integrati TTL

Sono stati i primi a essere realizzati negli Stati Uniti per motivi militari. La frequenza di lavoro massima è di 27 MHz e la tensione di alimentazione è fissa e del valore di 5V.

La serie militare inizia con il numero 54 seguito altri numeri. Per esempio il 5400 corrisponde a un integrato che contiene quattro nand.

Dato fondamentale, proprio perché utilizzati per motivi militari, la temperatura di utilizzazione va da -55° a 125°, mentre nella corrispondente serie civile, che inizia con i numeri 74, il range di temperatura va da -40° a +85° . Sono costruiti in formato DIP “Dual in-line package” (cioè i pin attraversano il circuito stampato o PCB). In figura 7 è mostrato l’integrato sopra citato.

Circuito integrato 5400
Figura 7: Circuito integrato 5400

E’ utile sottolineare che i suddetti circuiti integrati, realizzati a suo tempo principalmente dall’americana Texas Instruments e dalla giapponese National, sono ormai obsoleti.

Li abbiamo illustrati brevemente sia per motivi storici, sia perché spesso incontriamo il termine “TTL compatibile”, che vuol dire che il circuito che si sta trattando è compatibile con altri che sono alimentati a +5V.

Gli integrati CMOS

Ancora attuale, anche se nata non molto dopo la 54/74 TTL, è la serie CMOS, acronimo di Complementary Metal-Oxide Semiconductor. Non è compito di questo articolo disquisire sulla tecnologia relativa alla realizzazione di tali componenti.
Ci limitiamo a esaminare il loro comportamento elettrico (In Figura 8 gli integrati CMOS CD4500 e CD4501).

Circuito integrato CMOS
Figura 8: CMOS

A differenza dei TTL i CMOS si possono alimentare con una tensione che va da +3V a +18V ed hanno un bassissimo assorbimento di potenza. Il prezzo che pagano per tale caratteristica è la bassa velocità.

Infatti, mentre i TTL lavoravano fino a 27 MHz, i CMOS non superano qualche MHz.
Il basso consumo e la bassa velocità, che paradossalmente diviene una caratteristica positiva nelle applicazioni più comuni dato che per ciò risente meno dei disturbi della rete di alimentazione, unito al basso costo, insieme all’esteso range di tensione di alimentazione, lo rendono tuttora un tipo di componente molto utilizzato nell’elettronica, soprattutto industriale.
L’NE555 come multivibratore astabile (generatore di onda quadra).

Come esempio applicativo utilizzeremo un integrato molto noto agli appassionati di elettronica, l’NE555.
Questo piccolo integrato, 8 pin DIP, ha enormi potenzialità ed un costo irrisorio. Iniziamo con il suo utilizzo come generatore di onda quadra analizzando il circuito di Figura 9.

Circuito NE555 come multivibratore astabile
Figura 9: Circuito NE555 come multivibratore astabile

La formula che ci consente di determinare la frequenza del segnale d’uscita è la seguente:

f=1,44/(R1+2R2)C

Per avere una forma d’onda con l’intervallo di conduzione pari all’intervallo d’interdizione è necessario che R2 sia molto più grande di R1, per esempio 10 volte R1.

Poniamo di voler ottenere in uscita un segnale f=100kHz con il valore di 12V.
Fissiamo R1=1k, di conseguenza R2 dovrà essere 10k. Dalla formula sopra riportata ci ricaviamo il valore corrispondente di C:

C= 1,44/(R1+2R2)

f=1,44/1,1E3 x 1E6=(1,44/1,1)

uF=1,3uf~1,2uF

Se, com’è probabile, utilizziamo un condensatore elettrolitico, dobbiamo fare attenzione a connettere il polo positivo dello stesso al polo positivo dell’alimentazione.
L’NE555 come multivibratore monostabile (generatore di un solo impulso)

Il circuito che consente di realizzare quanto sopra esposto è mostrato in Figura 10.

Circuito NE555 come multivibratore monostabile
Figura 10: Circuito NE555 come multivibratore monostabile

La formula che ci consente di determinare la durata dell’impulso di uscita è la seguente:

t=1,1RC

Il multivibratore monostabile è molto utile quando vogliamo applicare a un determinato circuito un solo impulso di una durata stabilita. L’esempio classico è quello di comandare un circuito elettronico tramite un comune pulsante.

Diversamente da come si può immaginare il pulsante premuto, prima di fermare la sua corsa verso il contatto finale genere una serie di impulsi. Se noi applichiamo direttamente tale treno di impulsi al circuito da comandare si avrà una risposta indeterminata.
Poniamo che il transitorio, prima del contatto finale, sia di 300msec. Affinché il circuito da comandare riceva un solo impulso occorre che il monostabile generi un unico impulso della durata, per esempio, di 500msec.

Dalla formula di cui sopra, utilizzando una resistenza da 100k ci ricaviamo il valore di C:

C=t/1,1 x R x t =

0,50/1,1 x E5 =

0,454 x E-5=

4,54uF~4,7uF

Tante altre e importanti considerazioni ci sarebbero da fare su questo piccolo ma grande circuito integrato, senza ignorare che è uno tra i tantissimi CMOS esistenti e con le più svariate applicazioni. Siamo partiti dal transistor e, strada facendo, siamo arrivati ai circuiti integrati che in un solo chip ne contengono migliaia.

GIOVANNI DI MARIA