La mobilità elettrica e veicoli a trazione elettrica, che si stanno avviando ad essere i mezzi di traporto del nostro futuro, si sviluppa su tre direttrici tecnologiche: l’elettronica di potenza, i propulsori e le batterie… Ripercorriamo l’evoluzione tecnologica della “specie” che ci ha portato all’auto elettrica di ultima generazione (EV).
Cos’è la mobilità elettrica e quando nasce?
L’idea dell’auto elettrica non è nuova. Già nel 1881 gli inglesi William Ayrton e John Perry realizzarono il primo veicolo elettrico adattando un triciclo allo scopo e ottenendo un mezzo che poteva procedere a una velocita di 14 km orari con una autonomia di circa 40 km.
Già allora la mobilità elettrica sembrava essere la soluzione migliore e lo stesso Thomas Alva Edison lavorò per migliorare la capacità delle batterie, ma diverse ragioni pratiche portarono al fallimento della soluzione
Secondo chi si è occupato di e-mobility, nel periodo 1930-1935 si chiuse la breve storia delle auto elettriche e il motore a combustione interna divenne l’incontrastato dominatore delle scene. Unico settore a continuare su quel percorso furono le ferrovie che potevano trarre vantaggio dalla possibilità di realizzare una rete di distribuzione dell’energia elettrica completamente dedicata.
e-mobility: verso l’auto elettrica per passi intermedi
Si è arrivati ad avere veicoli elettrici attraverso passaggi pilotati soprattutto dalla esigenza di incrementare l’efficienza nell’uso dei carburanti.
1. Sistemi start stop
Il primo passo in questa direzione è stata l’implementazione di un sistema start e stop del motore (a combustione). Il motore viene fermato quando il veicolo è fermo e viene fatto ripartire automaticamente al rilascio del pedale del freno.
2. Veicoli mild hybrid
Il passo immediatamente successivo è stato quello dell’auto ibrida – “mild hybrid” o “ibrido leggero” – dove il classico motorino di avviamento diventa un poco più potente e può inoltre funzionare come generatore. Questi sistemi si caratterizzano soprattutto per la rete elettrica a 48 Volt, che ottimizza la funzione start and stop, per un motore/generatore che recupera energia in frenata, offre una spinta o “boost” al motore termico e in alcuni casi provvede a spegnerlo in fase di veleggiamento a velocità costante. Negli ultimi anni si è evidenziato un proliferare di modelli che hanno portato avanti il concetto e significatato di auto elettrica: per esempio Renault Scenic e Grand Scenic Hybrid Assist, in cui il motore a gasolio 1.5 dCi da 110 CV è affiancato da un elettrico per ridurre ulteriormente consumi ed emissioni. I tedeschi non sono rimasti a guardare e hanno proposto nell’ordine le Audi A4 e A5, A7 Sportback e A8 con sistema mild hybrid mHEV (12V o 24V) sia sul motore 2.0 TFSI che sul 3.0 TDI, accompagnati dall’EQ Boost di Mercedes su Classe C, Classe E, CLS e Classe S, ma l’elenco è lungo e destinato a crescere.
Una tecnologia come quella mild hybrid che sembrava in via di estinzione sta tornando con forza sul mercato per due motivi: permette di ridurre consumi ed emissioni di CO2 senza grandi costi aggiuntivi per i produttori e non incide troppo sul prezzo di acquisto per il cliente finale avendo una batteria di capacità più ridotta rispetto a quella necessaria per le versioni di livello successivo.
3. Auto Full Hybrid (HEV)
Verso la mobilità elettrica, le auto Full Hybrid, totalmente ibride (HEV), il passo successivo nella classificazione, sono le uniche in grado di viaggiare in modalità solo elettrica. Ma cosa significa motore ibrido? Di norma all’avvio o a basse velocità la vettura è alimentata silenziosamente dal solo motore elettrico, il che significa senza alcuna emissione di CO2 e senza alcun consumo di carburante. Il motore a combustione subentra in modo fluido a velocità più elevate e, se necessario, il motore elettrico fornisce potenza supplementare (ad es. in fase di accelerazione). Il sistema Full Hybrid riesce a selezionare in modo intelligente la sorgente di alimentazione più idonea e a catturare più energia dalla frenata, in modo da ricaricare la batteria. Anche il motore a combustione può contribuire alla ricarica delle batterie.
4. Veicoli pure electric – EV
Infine, viene la versione dell’autoveicolo elettrico “puro” (totalmente elettrico) dove l’energia per la propulsione viene fornita unicamente da una batteria di potenza e capacità adeguate. La dicitura inglese è EV – Pure Electric.
Convertitori dc dc e sistemi di potenza per la mobilità elettrica
Siano esse ibride o totalmente elettriche, le auto necessitano di almeno tre tipologie di unità elettroniche per la conversione di energia:
- Convertitore DC-DC, tipicamente da 48 a 12 volt, per alimentare l’elettronica a bassa tensione. Può essere bidirezionale per consentire il trasferimento di energia dal 12 al 48V.
- Inverter DC-AC per pilotare i motori elettrici, tipicamente trifase, che forniscono la potenza alle ruote.
- Convertitori AC-DC per la ricarica delle batterie del veicolo sia durante il recupero di energia in frenata sia da postazioni standard residenziali o da stazioni di ricarica ad alta potenza (per la ricarica veloce).
Sia nel secondo che nel terzo caso le potenze in gioco sono di entità elevata. Per esempio, gli inverter che pilotano i motori della Tesla Model SP devono poter gestire una potenza di picco di 375 kwatt e la ricarica turbo può richiedere potenze di 200 kW (turbocharger V2 di Tesla) per arrivare anche a 350 kW per la ricarica ultra-veloce.
Sebbene HEV/EV abbiano anche distribuzione in DC a 12 e a 48 volt a diverse unità funzionali, la tensione di base per gestire la trazione deriva da un pacco batteria agli ioni di litio che fornisce almeno 400 V, e fino a 800 V. Di conseguenza si parla di dispositivi che oltre a gestire potenze non indifferenti lo devono fare con tensioni operative particolarmente elevate.
Tecnologia SiC per una maggiore autonomia nell’e-mobility
Per ottenere dalla capacità delle batterie il massimo della autonomia è necessario che tutta la catena di conversione raggiunga il massimo della efficienza possibile. La tecnologia per realizzare i dispositivi di potenza – diodi e MOSFET – con l’efficienza richiesta è già stata individuata e si chiama silicon carbide, per i chimici SiC, già da tempo impiegata nella realizzazione di diodi schottky mentre in questi ultimi tempi stanno entrando in volumi di produzione i MOSFET, gli elementi di commutazione che sono il cuore di convertitori e inverter.
Che questa sia la tecnologia giusta per incontrare l’esigenza di efficienza nella applicazione nella mobilità elettrica è confermato da un recente annuncio congiunto di VolksWagen e Cree: “Il gruppo Volkswagen e Cree lavoreranno insieme con i fornitori di moduli di potenza per accelerare lo sviluppo e l’ingegnerizzazione di soluzioni basate sulla tecnologia SiC”. Questo annuncio seguiva di pochi giorni quello di Cree sull’investimento da un miliardo di dollari che la società pianifica di impegnare nella espansione della capacità produttiva di wafer e MOSFET in SiC.
“Il Gruppo Volkswagen ha un programma che prevede il lancio di almeno 70 nuovi modelli di auto elettriche nei prossimi dieci anni, in aumento rispetto ai 50 precedenti, e porta il numero di veicoli elettrici che verranno costruiti sulla piattaforma elettrica nello stesso intervallo di tempo da 15 a 22 milioni” sono state le parole di Michael Baecker, direttore del Volkswagen Purchasing Connectivity.
Mercato: la tecnologia SiC per auto elettriche cresce a due cifre
La stessa cosa la dicono le previsioni dell’analista IHS Markit, confermate anche da Infineon, sulla evoluzione che i dispositivi di potenza in tecnologia SiC dovrebbero avere tra il 2017 e il 2023. Se nel 2017 questo mercato ha espresso un fatturato di 399 milioni di dollari nel 2023 dovrebbe raggiungere un miliardo e 644 milioni con una crescita media annua del 26,6%. E la porzione che mostra la crescita più esplosiva è proprio quella relativa all’applicazione nelle auto ibride ed elettriche (Hybrid/EV).